Durante il secondo millennio a.C. il vicino oriente era stato testimone di uno scontro prolungato e talvolta violento tra i grandi poteri dell'epoca.
L'obiettivo di tale scontro era il controllo della regione siriana e delle vie commerciali che per essa passavano.
Per quasi tutto il periodo, salvo forse la fase di crisi religiosa attraversata col regno di Akenathon, il faraone eretico, l'Egitto aveva sempre condotto una politica di attenzione nei confronti della Siria, interesse che lo aveva portato ad uno scontro prima col regno anatolico di Mitamni e in seguito, dalla metà del XIV secolo, col suo successore, l'impero ittita.
L'interesse egiziano per la regione è attestato fin dai tempi antichi: tracce di commerci con la regione di Biblos, sulla costa settentrionale del Libano, si trovano già in ritrovamenti risalenti alla prima dinastia dei faraoni, ma è dalla liberazione del paese dalla dominazione degli Hyskos che l'Egitto iniziò una politica di intervento attivo nelle valli del Giordano e dell'Oronte.
Probabilmente, almeno in una prima fase, gli scopi egiziani furono di carattere chiaramente difensivo: la creazione di una serie di regni vassalli, Canaan, Amurru e Siria, era considerata strumento utile contro eventuali altre infiltrazioni di popoli semiti, come appunto gli Hyskos, e garanzia di indipendenza e sicurezza per la valle del Nilo.
Questo tipo di Politica, che si potrebbe definire, sul piano militare minimalista, continuò per tutto il nuovo regno (circa 1565 - 1085 a.C.); ai piccoli regni vassalli si concedeva, in cambio di alleanza e tributi, la possibilità di continuare la propria politica locale fino, addirittura, a condurre proprie guerre interne all'area, purchè questo non mettesse in discussione il predominio egiziano sulla regione.
Ma con l'irrompere sulla scena della potenza ittita, assai più unitaria e quindi più pericolosa rispetto all'antico avversario mitamnico, il faticoso equilibrio di influenze era destinato a rompersi.
La fedeltà dei re vassalli era ormai messa alla prova dall'influenza anatolica e molti dei governanti locali, dalla metà del XIV secolo, iniziarono a mutare, vicendevolmente, di campo a seconda degli interessi immediati e della momentanea maggior presenza di uno dei due grandi contendenti.
In realtà la struttura militare, ma soprattutto economica, egiziana non era sufficientemente forte da reggere una presenza continuata e organizzata in un'area distante più di mille chilometri dalla valle del Nilo.
La reticenza dei faraoni della XVIII dinastia ad impegnarsi in Siria per mantenere i confini che il trattato siglato cento anni prima da Thutmosi IV col re di Mitamni stabiliva, rappresenta, probabilmente, una ritirata di fatto di fronte all'aggressività dei nuovi sovrani ittiti.
Fu solo con l'avvento dei faraoni della XIX dinastia, portatori di una ideologia statale più unitaria e di conseguenza più aggressiva, che l'Egitto riuscì a penetrare in Siria.
Le campagne di Sethi I sono campagne offensive e ben pianificate, con il chiaro scopo di riportare il potere dei faraoni sulle terre perdute della Siria.
La rinata aggressività egiziana non poteva provocare che una reazione ittita, al punto da portare un impegno sempre più massiccio di risorse economiche e militari da parte del regno anatolico verso i suoi confini meridionali.
L'atto finale di due generazioni di conflitti fu combattuto dal gran re ittita Muwatalli e dal figlio di Sethi I, Ramses il Grande, proprio a Kadesh.
Nessun commento:
Posta un commento